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Groundfridge: una vecchia nuova idea

Ripensare il frigo e la collettività

Refrigerio ad elettricità zero

3000 litri di capienza, altezza interna di 200 cm, porta d’ingresso incastonata in una collinetta di circa un metro e mezzo sopra il livello del terreno: una capsula interrata realizzata in materiale composito fibrorinforzato, con uno strato di circa 10 cm di isolante in poliuretano espanso. Parliamo di Groundfridge, un frigorifero che conserva le vivande senza impiego di energia, nato dall’idea del designer neerlandese Floris Schoonderbeek e il team Fiction Factory.

Criticità e riflessioni

Il sito riporta «Un frigo in cucina? Troppo facile. È più divertente prendere una borsa o un cestino, uscire dalla tua casetta e fare la spesa al tuo Groundfridge».

Ma in una giornata di pioggia forse la comodità di un classico frigo interno risulta più allettante: proporre Groundfridge come divertente alternativa al tradizionale frigo può essere fuorviante, in quanto esclude svariati altri fattori nel paragone tra le due diverse alternative. 

Ad esempio, un elemento importante da tenere in conto quando si parla di Groundfridge , è che la temperatura del frigo sotterraneo è determinata dal tipo di terreno, dalla presenza di falde acquifere e, in generale, dalle condizioni climatiche circostanti.

La temperatura interna corrisponde a quella che si misura a un metro sottosuolo: lo strato di terra – circa un metro di spessore – che ricopre la capsula, agisce da isolante naturale e mantiene una temperatura interna stabile tra i 6 ed i 12 gradi. Maggiore è la vegetazione presente, maggiore sarà l’isolamento.

Per ovviare a queste oscillazioni di temperatura e renderla il più stabile possibile è necessario attivare in ogni caso dei sistemi di ventilazione che sfruttano l’aria notturna, resa più fresca tramite sistemi di inalazione, o impianti di raffreddamento esterni che sfruttano l’energia solare. Ma allora dal punto di vista energetico, considerando anche il rilevante costo di installazione, qual è il vantaggio rispetto ad un normale frigorifero interno alimentato da energia rinnovabile?

Floris Schoonderbeek, product designer e sviluppatore, presenta il prodotto come utilizzabile «che tu viva in città o fuori città», ma, dato lo spazio necessario di terreno – 25 m² – è difficile immaginare un utilizzo privato del sistema su larga scala in territori con densità abitative elevate, ad esempio un contesto urbano. Non può essere una soluzione sostitutiva al tradizionale frigorifero per ciascun nucleo abitativo. Più probabile è l’applicazione in contesti abitativi fuori dal contesto cittadino. Solamente persone che possiedono giardini, o aziende nel settore ristoro, come ristoranti e agriturismi per un ulteriore spazio di conservazione di vivande.

Niente di nuovo sul fronte refrigerante?

Il concetto della cantina per la conservazione di cibi, o in particolare di vini, non è nuovo: si pensi all’apoteca (ripostiglio) degli antichi romani per la conservazione del  vino, fino alle odierne cantine per la produzione vinicola; alle ghiacciaie, risalenti dall’età del bronzo e usate nell’antica Persia, da cui i romani presero spunto per tenere al fresco le vivande per i banchetti – fino ad arrivare agli attuali frigoriferi.

Insomma, si potrebbe dire che l’innovazione è nel design, più che nel concetto.

Un punto che può però essere interessante è il diverso approccio allo stoccaggio di cibo ad uso privato o familiare: Schoonderbeek sottolinea come «le persone coltivano il cibo in maniera collettiva […] imparando a conoscere da dove arriva il cibo che consumiamo, cercando di autoprodurlo […] Anche le persone in città cominciano a coltivare il proprio cibo, ne sono un esempio i rooftop gardens, urban farmers e tutto questo range di attività – penso che Groundfridge possa contribuire a questa catena». Di questi temi abbiamo trattato anche nell’articolo Fare l’orto senza avere l’orto e Ripensare la spesa.

In contesto urbano, Groundfridge potrebbe portare a una visione di frighi collettivi per nuclei abitativi: una cantina a uso collettivo, ad esempio situata nel giardino interno di un complesso abitativo, di supporto, e non a sostituzione, dei frighi privati nelle singole abitazioni.

Potrebbe dunque essere un tassello aggiuntivo a sostegno di un più ampio dibattito su un diverso modo di pensare al cibo, alla collettività, la responsabilità e abitudine nello spreco alimentare.

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Ludovica Ballarin

Laureata in Mediazione linguistica (UniUD), ora studentessa magistrale in Environmental Humanities tra Venezia (UniVe) e Monaco di Baviera (Rachel Carson Centre – LMU).
Appassionata di letteratura russa, oltre all’ambito accademico tiene viva la passione per le arti lavorando anche come ballerina.

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