Fridays for Future
Fridays For Future (FFF) nasce come una risposta dei giovani di fronte al disinteresse dei governi per l’emergenza climatica, grazie agli scioperi della nota attivista svedese Greta Thumberg. Dal 2018, le proteste hanno gradualmente guadagnato sempre più partecipanti. Le manifestazioni consistono in cortei pacifici, composti prevalentemente da studenti che chiedono ai politici di agire il prima possibile, per rispettare gli accordi presi, in particolare quello di Parigi (2015), che aspirava a contenere l’aumento massimo della temperatura globale entro i 1,5 gradi Celsius.
Tra le immediate conseguenze dei cortei più partecipati, c’è stata una maggiore attenzione mediatica sulle proteste e sulla crisi ambientale, che ha portato alcuni comuni e nazioni a dichiarare lo stato di emergenza climatica. Il primo Paese a farlo è stato il Regno Unito, dove la Camera dei Comuni ha approvato, il primo maggio 2019, la mozione del laburista Jeremy Corbyn. La procedura non è vincolante, ma riveste un grande valore simbolico.
FFF ha sfruttato molto i social per unire giovani da tutto il mondo in una battaglia comune: a partire dalla diffusione online delle fotografie di Greta che manifestava sola davanti al parlamento svedese, fino a quelle delle manifestazioni che hanno coinvolto milioni di persone. Condividendo le proprie esperienze sui social, i partecipanti hanno potuto connettersi virtualmente ai propri coetanei dall’altra parte del globo. Questo ha permesso di creare una community internazionale che agisce per gli stessi obiettivi, in luoghi diversi.
Durante la fase più intensa della pandemia di Covid-19, inoltre, i social hanno rivestito un ruolo fondamentale: le proteste non si sono interrotte, ma si sono spostate su Instagram e Twitter. Utilizzando l’hashtag #climatestrikeonline, Greta ha invitato i manifestanti a continuare a protestare a casa, per tutelare i soggetti più fragili. Le restrizioni hanno poi stimolato molti attivisti a sperimentare nuovi social, come TikTok, per parlare di cambiamento climatico.
Extinction Rebellion: stessi obiettivi, metodi diversi
Un altro movimento, nato in Inghilterra nel maggio 2018, è Extinction Rebellion (XR), il cui simbolo è una clessidra, per evidenziare la necessità di agire al più presto, prima che i cambiamenti in atto diventino irreversibili. Rispetto a FFF, XR è un movimento più radicale, che svolge azioni di disobbedienza civile in una forma di protesta non violenta.
XR è artefice di proteste che intervengono bloccando il traffico stradale: gli attivisti si siedono per terra con dei cartelloni, impedendo alle automobili di passare. Recentemente, è stato adottato un nuovo metodo di protesta: incollarsi alle opere d’arte nei musei. La mattinata del 9 ottobre, in Australia, due attivisti hanno attaccato le mani con la supercolla a un quadro di Picasso, Massacro in Corea: quest’ultimo, essendo coperto da un vetro, non ha subito danni. I due manifestanti hanno rispettivamente 49 e 59 anni, a testimonianza del fatto che le proteste non coinvolgono solo i giovani. Azioni come questa sono volte a sensibilizzare, stimolare il dibattito, ma anche a creare disagio – uno strumento controverso per attirare l’attenzione.
Da gennaio del 2023, gli attivisti hanno però annunciato un cambio di tendenza: per l’anno nuovo, il gruppo ha intenzione di interrompere le strategie di disturbo pubblico. «LA SMETTIAMO!»: ecco le prime parole del tweet con cui XR ha reso noto il suo “buon proposito”. Non sono state rese note le specifiche ragioni di questa scelta, ma potrebbero essere legate alla scarsa popolarità di XR in seguito alle proteste più impattanti.
Per quanto riguarda i social, XR tende a utilizzare soprattutto Telegram, un canale che riesce a garantire maggiore privacy agli utenti e non presenta annunci monetizzati. Le pubblicità personalizzate presenti sui social network, infatti, stimolano l’utente a comprare, alimentando il consumismo che sta danneggiando il pianeta.
Locali o globali, l’importante è agire
Oltre alle dimostrazioni contro ai governi, esistono altri tipi di movimenti che si sono focalizzati sul contesto locale. Un esempio è Venice Calls, un’associazione che agisce per tutelare Venezia, una città destinata a essere fortemente colpita dal cambiamento climatico.
L’associazione si pone alcuni progetti concreti, come la realizzazione di un Recycling Lab, un laboratorio di riciclo grazie al quale verranno realizzati oggetti utili alla cittadinanza. Grazie a un’operazione di crowdfunding, infatti, sono stati raccolti fondi a sufficienza per comprare dei materiali per il riciclo delle plastiche: un granulatore, un estrusore e degli stampi. Il primo progetto, previsto per la primavera 2023, è quello di una panchina fatta con i tappi di plastica raccolti dagli associati durante i “clean up” di pulizia della laguna.
Di fronte alla minaccia del disastro ambientale, questi ragazzi non si sono lasciati scoraggiare dalla paura e hanno deciso di agire, per non rimanere prigionieri dell’ecoansia. Sia che si tratti di progetti locali, sia internazionali, mettersi in gioco aiuta a combattere la paura e coltivare la speranza, come ci ricordano le parole che Greta Thumberg pronunciò alla Cop26 di Glasgow:
“Non possiamo più permettere ai potenti di decidere che cos’è la speranza. La speranza non è passiva, non è “bla, bla, bla”. La speranza è dire la verità, è agire. E la speranza viene sempre dalle persone.”

Affamata di storie, ama scrivere di ambiente e lasciarsi provocare dalle idee delle persone. Determinata e scrupolosa, le piace andare oltre l’apparente superficialità dei fatti per rileggerli da un punto di vista diverso. Il suo luogo sicuro è la biblioteca, ma non fatevi ingannare: non è mai puntuale nella restituzione dei libri. Dopo la laurea triennale in Lettere presso l’Università degli Studi di Milano, attualmente studia Environmental Humanities presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia.