Plant for the Planet: Billion Trees Project

Un triliardo di alberi si piantano uno alla volta

Plant for the Planet è un’organizzazione volta ai giovani di tutto il mondo, il cui scopo è quello di piantare più alberi possibile al fine di affrontare in modo diretto il cambiamento climatico. 

Come nasce il movimento

Per scoprire le origini di questa iniziativa dobbiamo fare un salto indietro nel tempo, nella Pennsylvania del 1966. Siamo nell’anno in cui, all’università di Pittsburgh, venne consegnata la laurea alla prima donna proveniente dall’Africa centrale: Wangari Muta Maathai.

Spinta da grandi ideali fu la fondatrice del Green Belt Movement: un’organizzazione formata da donne provenienti da aree rurali centrafricane che furono incoraggiate e coinvolte da Wangari a piantare alberi di origine autoctona in tutto il Kenya, per impedire che l’eccessiva deforestazione e la conseguente erosione del suolo strappassero ai Kenioti la loro principale forma di sostentamento, la legna.

L’organizzazione Green Belt Movement ha piantato e favorito la crescita di più di 51 milioni di alberi, grazie alla cooperazione di 30.000 donne keniote che la stessa Wangari istruì per svolgere attività come silvicoltura, apicoltura e altre soluzioni di reddito come una forma di turismo ecologico capostipite del moderno ecoturismo, aiutandole nel processo di emancipazione.

Nel 1981 Wangari assumette la presidenza del Consiglio Nazionale delle Donne del Kenya e nel 2004 ricevette il premio Nobel per la pace grazie al suo “contributo alle cause dello sviluppo sostenibile, della democrazia e della pace”. Nel 2007 la sua storia si incrocia con quella di Felix Finkerbeiner, un bambino tedesco di nove anni che studia la figura di Wangari per una presentazione in classe sul tema della sostenibilità ambientale. Entusiasta per le grandi azioni di Wangari, Felix decise di chiedere alle sue maestre di piantare un albero nel giardino dell’istituto.

Per gioco Felix, aiutato dai suoi insegnanti, creò l’associazione Plant for the Planet coinvolgendo i suoi compagni di classe e d’istituto. Il preside accontentò i bambini e il gesto ottenne un grande seguito mediatico. Nacque così Plant for the Planet, un’associazione il cui scopo iniziale era quello di riforestare la Germania e che dopo solo un anno aveva già piantato 50.000 alberi. Nel 2011 Felix piantò il suo milionesimo albero davanti ai ministri dell’ambiente di 45 paesi per poi annunciare l’imponente Trillion Tree Project: piantare un trilione di alberi a livello mondiale. 

Ed è in questo contesto che entra in scena un terzo attore: Tomas Crowther, ricercatore alla Yale University che aveva scoperto che sul nostro pianeta, nel 2015, erano presenti almeno tre trilioni di alberi. Grazie al successo mediatico ottenuto dalla sua pubblicazione e alla collaborazione con Plant for the Planet prese in carico un laboratorio di ricerca a ETH Zurich dedicato a comprendere il potenziale di riforestazione globale e nel 2019 pubblicò un secondo articolo che confermava che nel mondo c’è spazio per almeno un altro trilione di alberi.

Divenne presto il secondo articolo più discusso dell’anno, dando al movimento una spinta enorme. L’impatto delle sue pubblicazioni fu tale che, grazie all’intervento di Al Gore, vennero esposte al World Economic Forum e al governo degli Stati Uniti d’America, i quali decisero di partecipare e finanziare il programma One Trillion Trees

Le ricerche scientifiche 

I membri di Plant for the Planet sono ben consci che per salvare il pianeta non è sufficiente piantare alberi, ma sono necessarie anche azioni per ridurre l’inquinamento in modo sistemico nella società globale. La riforestazione è infatti l’unico modo che la nostra collettività possiede per mitigare gli effetti del cambiamento climatico.

La necessità di smuovere le fondamenta della società moderna al fine di dare inizio a un mutamento delle condizioni che hanno portato alla necessità di proporre delle soluzioni per salvare il pianeta deve essere sostenuta non solo da ideali, ma anche da solide basi scientifiche.

Per questo Plant for the Planet finanzia la ricerca scientifica, per ottenere dei dati affidabili e svolgere al meglio sia il processo di ripopolamento delle foreste sia la salvaguardia della biodiversità.

Grazie a Plant for the Planet sono stati pubblicati un articolo scientifico nel 2021 in cui viene trattato il tema della riforestazione dei prati utilizzati come pascoli per far tornare la foresta tropicale in quei terreni, e altri tre articoli nel 2022 riguardanti il successo della riforestazione grazie alla restaurazione del microbioma nativo delle specie che vengono usate per riforestare quelle zone con anche aumenti della crescita del 64% rispetto ad un microbioma degradato; dei successi delle tecniche di riforestazione assistita per piante native di un territorio; e come siano influenzate positivamente le specie di uccelli quando la riforestazione avviene in modo efficace non in scala unicamente locale. 

Una delle ricerche in corso quest’anno considera le condizioni ottimali di densità silvestre in progetti di riforestazione. Una seconda ricerca prevede lo studio delle piante capaci di sequestrare azoto dal terreno, il quale è un elemento fondamentale per la loro crescita. Anche il microbioma del suolo è un importante fattore e deve essere oggetto di studio: si tratta di un complesso sistema di batteri e funghi che vivono naturalmente nel suolo delle foreste di tutto il mondo, e la sua composizione varia come potrebbe variare la composizione di una foresta.

Tuttavia questi microbiomi vengono persi ogni volta che una foresta viene abbattuta per far spazio ai prati. L’obiettivo della ricerca è quello di studiare cosa succede quando il suolo viene arricchito da piccole quantità di terra provenienti da una foresta vicina osservando se il microbioma si ripristina e se è effettivamente in grado di aiutare gli alberi nella loro crescita.

Plant for the Planet non solo sta promuovendo progetti sul campo ma ha anche creato veri e propri complessi di ricerca con strutture adibite all’incubazione delle piantine e serre nelle quali vari parametri tra cui igrometria e illuminazione vengono tenuti sotto controllo al fine di capire cosa succederà alle piante se le condizioni climatiche peggioreranno. 

Progetti nel mondo

Plant for the Planet Mexico sta attivamente finanziando tre principali progetti di riforestazione, due dei quali in Messico: Il primo, nella penisola dello Yucatan, vede coinvolte 118 persone che si sono impegnate nel piantare 2 milioni di alberi durante la stagione delle piogge (da giugno a dicembre) del 2022, e quasi 10 milioni di alberi dal 2015.

Il lavoro si sviluppa attorno a un’area di circa 20.000 ettari attorno alle riserve naturali di San Felipe Bacalar e Balam-Kù, un’area più grande del Liechtenstein. Un territorio dalle diverse necessità in cui alcune zone sono state deforestate e destinate al pascolo, altre sono state spogliate di tutti gli alberi dal legno pregiato, mentre altre specie di alberelli sono state lasciate intatte o sono state decimate da incendi.

Come si è visto in Veneto con la tempesta Vaia, le monocolture sono più vulnerabili ai cambiamenti climatici repentini e agli eventi estremi, per questo è necessario creare una foresta in cui la biodiversità è rispettata, rendendola più resiliente. Tuttavia non è possibile piantare in ogni momento dell’anno, ma solo durante i periodi di crescita delle piante, durante i quali non sono presenti stress ambientali che porterebbero alla loro morte.

La pioggia è il più importante fattore limitante di questi progetti: se dovessero presentarsi lunghi periodi di siccità il progetto sarebbe costretto a fermarsi.

Anche in Europa l’impegno degli attivisti di Plant for the Planet sta avendo luogo in prima persona; in Andalusia punta a piantare un milione di alberi entro il 2030 con dei programmi concreti tra cui un progetto per la riqualificazione della città di Granada, per la quale aziende private e privati cittadini si stanno impegnando a piantare 200.000 alberi per renderla una città più verde e vivibile; il secondo riguarda il parco naturale de Los Alcornocales nella provincia di Cadis, le cui foreste sono afflitte da una malattia chiamata “la secca” e stanno venendo decimate. L’obiettivo è quello di piantare altri 200.000 alberi al fine di rigenerarne l’ecosistema e dare nuova vita alla principale attività socioeconomica della zona: l’estrazione sostenibile del sughero. 

Trasparenza e impegno sociale

Plant for the Planet prende finanziamenti da governi e privati ed essendo un’organizzazione di scala mondiale gli introiti che deve gestire sono molto alti. Per questo sostiene una politica di estrema trasparenza, e tutti i dati e resoconti relativi sia ai progetti che alle donazioni sono visitabili e visionabili da tutti sul loro sito, divisi per ogni progetto.

Tuttavia per rendere ancora più evidente lo sforzo dell’associazione, è stata sviluppata un’applicazione che permette di visualizzare tutti i progetti sia di Plant for the Planet stessa che di altre associazioni minori che ne condividono ideali e obiettivi. Questa piattaforma permette di visualizzare il numero totale di alberi piantati da tutti i partecipanti, siano essi privati cittadini, società, scuole o anche intere nazioni (che attualmente è di 13,94 miliardi). Si possono regalare alberi ad amici, che verranno piantati a seconda del progetto che si è scelto di finanziare, ognuno dei quali ha un costo variabile a seconda delle tasse applicate dalla nazione che lo ospita.

Si possono effettuare gare tra enti e si può vedere chi tra paesi, aziende, scuole e individui è maggiormente coinvolto nel piantare alberi, con una classifica mondiale dedicata per categoria (l’Italia è all’undicesimo posto con 211.293.779 alberi piantati). I progressi possono essere registrati nell’applicazione indicando geograficamente la zona in cui si è operato, e si può effettuare una verifica satellitare controllando sia la zona in anni precedenti che nel periodo attuale, controllando lo storico delle spese effettuate per la riforestazione della zona in tempo reale.  

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