Il prezzo della Fast Fashion
Cosa guardare per informarti su questa brutta realtà
Alcuni dati sul mercato della “moda veloce”
Nel 2021, non è più accettabile proclamarsi beatamente ignorante sulla realtà della fast fashion. Anche se potrei dare per scontato che ognuno di voi sappia molto dell’impatto dell’industria tessile, sono sicura che troppi di voi si affrettano a guardare dall’altra parte.
Quindi, mi assumo la responsabilità di applicare il metodo Arancia Meccanica e di scuotere le spalle – magari schiaffeggiando alcune facce con un pesce o due. C’è un affascinante orrore nell’effetto a catena della fast fashion. Stiamo parlando di rifiuti, inquinamento, condizioni di lavoro. Stiamo parlando di una sola maglietta realizzata con migliaia di litri d’acqua, 500000 tonnellate di microfibre che si tuffano dritte nell’oceano ogni anno, discariche ricoperte di vestiti che non troviamo più di moda.
Oggi non vi annoierò con i dati: non è da me convincere le persone con i numeri. E in fondo sembra che le uniche cifre allettanti siano i saldi di fine stagione e quei 4,99 euro per una t-shirt Pull & Bear. Le immagini però possono essere un potente alleato; quindi, anziché credermi sulla parola, eccoti un po’ di fonti più convincenti di me per rifarti gli occhi.
The True Cost, uno sguardo crudo sulla realtà dell’industria tessile
Ad oggi, The True Cost è ancora il documentario più famoso sulla fast fashion. Il film offre uno sguardo non filtrato sulla realtà dell’industria tessile, iniziando la sua indagine proprio dalla fonte: il Bangladesh. Quando l’industria dell’abbigliamento di Dhaka è crollata nel 2013, l’orrenda verità che fingiamo di non vedere è diventata piuttosto chiara per quelle 1134 persone che sono morte tragicamente.
La moda veloce è un affare assassino – per le persone, per gli animali, per l’ambiente. Questo documentario è stato il punto di svolta per molti spettatori: è difficile ignorare i lavoratori ridotti in schiavitù, i fiumi inquinati, l’incredibile quantità di rifiuti, quando diventa così evidente che noi consumatori siamo l’intera ragione.
The True Cost ti mostra come sei costantemente spinto ad aggiornare il tuo guardaroba, come i tuoi desideri vengono calcolati dagli algoritmi del consumismo. E ti costringe a guardare negli occhi migliaia di vite trascurate e un pianeta morente – tutto per il tuo nuovo paio di jeans a zampa d’elefante.
Il documentario RIverBlue sull’inquinamento idrico
RiverBlue è un’ulteriore preziosa testimonianza su questa realtà se sei pronto a rimanere scioccato dagli effetti ambientali della fast fashion. Questo documentario si concentra specificamente sull’inquinamento delle acque, mostrando il suicidio idrico che sta avvenendo a causa alle fabbriche tessili.
Le sostanze chimiche tossiche rilasciate nei fiumi e nei mari da queste fabbriche rendono l’acqua imbevibile, uccidono l’ecosistema, causano malattie e morti. Il documentario svela lo smaltimento irrispettoso dei rifiuti tossici nei fiumi e il costante tentativo dell’industria della moda di nascondere questa dura realtà.
Alcuni TED Talks sulla moda sostenibile: proposte alternative e creative
Se vuoi ottenere altre informazioni ma hai poco tempo a disposizione, puoi anche optare per un discorso TED sull’argomento. Maxine Bédat è un’imprenditrice creativa impegnata nella moda sostenibile. Nel suo discorso TED, spiega il costo umano e ambientale dell’abbigliamento economico, fornendo soluzioni per prendere una direzione più etica.
La ricercatrice Clara Vuletich ha dedicato la sua vita alla moda sostenibile: nel suo TED talk, discute del ciclo di vita del capo, dell’impatto della fast fashion e di alcune soluzioni creative per abbracciare un approccio più sostenibile.
Non ci sono davvero scuse: educarsi è fondamentale e hai tutte le risorse del mondo per imparare. Le nostre scelte influenzano il pianeta ogni giorno, quindi è giunto il momento di renderci conto dell’impatto che abbiamo e, di conseguenza, del cambiamento che possiamo apportare. Se è così, perché non cambiare per il meglio?

Giada si è laureata in Mediazione Culturale e Linguistica (Unipd) e ha conseguito un Master in Media Studies (Università di Leida). Lavora come copywriter e traduttrice freelance e come creatrice di contenuti per una piattaforma sul nomadismo digitale. Ha lavorato per Inditex e altri marchi simili per diversi anni, assistendo quotidianamente alla crudele realtà del fast fashion, cosa che l’ha motivata a partecipare ad Atmosphera lab.