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Direzione Net Zero

Esempi locali, problemi globali

Ricapitolando

“È più facile prendersi cura di ciò che riteniamo importante se ne comprendiamo il suo valore.” Con questa frase finisce l’articolo di Ludovica Montecchio La musica per la tutela ambientale, che ci ricorda che la consapevolezza è il primo passo verso il cambiamento e l’arte può diventare veicolo di emozioni per far nascere il sentimento di cura.

L’associazione culturale Play ed il progetto Sentieri Sonori – iniziative sorelle dei festival No Borders e Suoni delle Dolomiti – uniscono trekking, natura e musica ed evidenziano come la sostenibilità nasca dalla valorizzazione del proprio territorio. 

Tuttavia si potrebbe obiettare che, come tutte le attività umane, anche quelle artistiche, nonostante siano volte a sensibilizzare il pubblico su temi riguardanti la tutela di un territorio, generano comunque un impatto ambientale più o meno marcato – che si parli di un festival raccolto sui colli Euganei fino al ben più noto e discusso caso del Jova Beach Party.

In cerca di soluzioni – il ruolo delle certificazioni

La domanda che spesso viene posta in qualsiasi ambito, non solo artistico, è: come ci si può orientare verso una scelta il più possibile informata e consapevole?

Qui entrano in gioco le certificazioni – tra i più noti, Eco Label e LCA –  che hanno il compito di informare in maniera trasparente il consumatore su quale sia l’impatto ambientale della realtà a cui si stanno affidando: i parametri, i dati, le soglie massime e minime di emissioni e altre variabili fanno riferimento a leggi e direttive internazionali – Unione Europea e Nazioni Unite – volte alla tutela della salute, umana ed ambientale.

La responsabilità dunque, non è interamente trasferita sul consumatore, ma anche e soprattutto sulle realtà che offrono il servizio.

Questa oggettività dovrebbe anche aiutare a capire quali sono le realtà che veramente operano nell’interesse dell’ambiente e non solo per profitto, ricadendo nel greenwashing (ambientalismo di facciata), strategia di comunicazione che porta il potenziale cliente a credere che la realtà a cui sta facendo riferimento sia coinvolta nella tutela dell’ambiente più di quanto non lo sia effettivamente. In poche parole, non basta srotolare un green carpet agli eventi e inondare di vasi di fiori una stanza per poter definire green un evento. La certificazione nasce come desiderio di render chiaro chi si impegna attivamente nelle sue azioni concrete per ridurre il proprio impatto ambientale – ad esempio verso la net zero che implica, utilizzando le parole dell’ European Institute on Economics and the Environment,  «una riduzione delle emissioni nette riducendo la domanda di energia, de-carbonizzando il sistema energetico e rimuovendo l’anidride carbonica dall’atmosfera.”

Progetti locali

Tra le attività culturali del territorio coinvolte in progetti di compensazione è presente proprio il già citato Sentieri Sonori: nel corso degli eventi della rassegna vengono calcolate le emissioni di CO2, compensate poi con progetti di riforestazione e di conservazione di foreste esistenti, portando il netto delle emissioni derivate da quell’evento pari a zero.

A livello locale è un esempio di come sia possibile realizzare attività carbon neutral, che calcolano e controbilanciano le emissioni di anidride carbonica con progetti di compensazione.

Questo tipo di attività hanno dimostrato di funzionare a livello locale, ma si può dire lo stesso su una scala più ampia? Gli interrogativi sulle strategie di compensazione di carbonio e altri sistemi come le ecotasse (un insieme di tasse applicate ad attività e prodotti con un impatto negativo sull’ambiente, il cui ricavato ha il potenziale di essere investito in attività a impatto positivo), ad esempio la carbon tax,  rimangono molte – riferimenti come l’adozione del CBAM europeo e la recente inchiesta di Internazionale sulle truffe attuate dalle aziende coinvolte in progetti di compensazione. 

Criticità

La vera sfida è quella di realizzare eventi privi di emissioni, sin dall’inizio. La carbon neutral e la compensazione di CO2 presuppongono un intervento a posteriori della vegetazione percompensare le emissioni prodotte rimuovendo l’anidride carbonica dall’atmosfera: l’attività non è stata a impatto zero fin dal principio.

Non ha senso pensare di risolvere il problema del rilascio di emissioni di CO2 derivate dalle nostre azioni su larga scala semplicemente piantando nuovi alberi, mantenendo però gli stessi stili di vita e modalità di consumo energetico.

Certamente cambiare la mentalità e lo stile di vita delle persone è un processo che da solo richiede un periodo di tempo troppo esteso rispetto all’emergenza climatica. Mentre nuove tecnologie vengono sviluppate in aiuto al nostro stile di vita per raggiungere una vera neutralità climatica – obiettivo net zero europeo per il 2050 – soluzioni come la compensazione e le certificazioni che le attestano rimangono semplicemente un’alternativa in fase di transizione energetica, non di certo la soluzione.

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Ludovica Ballarin

Laureata in Mediazione linguistica (UniUD), ora studentessa magistrale in Environmental Humanities tra Venezia (UniVe) e Monaco di Baviera (Rachel Carson Centre – LMU).
Appassionata di letteratura russa, oltre all’ambito accademico tiene viva la passione per le arti lavorando anche come ballerina.

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