Un’aiutante complessa
Dagli anni ’60 è entrata nelle nostre case come una sorpresa leggera e colorata, è sembrata l’aiuto divertente ed economico per ogni azione quotidiana, grazie alla sua versatilità ha sostituito l’arredamento e gli utensili di ogni giorno, ma è sempre lei: la plastica.
Compagna fedele del consumismo, si è insinuata nelle nostre vite, modificando il Dna stesso della cultura in cui ci riconosciamo.
Il sogno si è lentamente trasformato in un incubo, l’abbiamo utilizzata per decenni trascurando il forte impatto nocivo che ha sempre avuto sull’ambiente e adesso siamo costretti a fronteggiarne le conseguenze.
Il dibattito sull’inquinamento evoca in noi le immagini di scenari apocalittici: interi ecosistemi compromessi e animali marini la cui salute e la cui vita sono gravemente minacciate dai rifiuti che ingeriscono accidentalmente.
Rilevante è anche la presenza del Pacific Trash Vortex, un’isola di plastica in mezzo all’Oceano la cui superficie doppia quella della Francia, e la diffusione delle microplastiche da essa derivanti contaminanti l’acqua e gli alimenti.
L’emblema della modernità
Ora che abbiamo preso consapevolezza dell’urgenza dell’inquinamento, la sfida non è soltanto quella di affrontare la situazione, ma anche di esercitare il nostro sguardo laterale, osservando la questione della tutela ambientale da un altro punto di vista.
La plastica, con “l’usa e getta”, ha acquisito il primato della comodità, ma a causa della sua resistenza alla corrosione non scompare mai: o la si ricicla correttamente (ciò avviene solamente per il 20% del totale mondiale), o si disperde nel mare frammentandosi in parti sempre più impercettibili.
Proprio in questo contesto si inserisce la proposta dell’artista Maurizio Finotto: egli va oltre alla funzione distruttiva della plastica e stravolge il suo ruolo, considerandola come il magnete che attrae i simboli dell’estetica occidentale e riesce a delineare l’autoritratto della nostra civiltà.
In quest’ottica, Finotto si trasforma in archeologo: la resistenza alla corrosione della plastica la consacra a tratto caratterizzante della memoria dell’uomo e la rende in grado di raccontare la quotidianità della nostra vita. Questo è ciò che permette di paragonare gli oggetti passati riaffiorati dal mare a dei veri e propri reperti archeologici.
La simbolizzazione dei rifiuti
Per approfondire tale questione, ha camminato lungo i litorali italiani, ha raccolto gli oggetti che sono stati restituiti dal mare e ha collezionato e catalogato tali “reperti”. Si è occupato di produrre un video narrante le storie di questi oggetti (ad esempio soldatini, confezioni di gelati e sorprese delle merendine, ecc.), tentando di preservare ciò che il tempo può cancellare, come il significato di una scritta, di un marchio o del prodotto stesso.
Un secondo video si ispira a un’altra caratteristica della plastica: la sua capacità di “viaggiare”. L’artista riflette sui rifiuti che, trasportati dalla corrente, si mettono in moto e raggiungono il Pacific Trash Vortex.
Finotto crea un piccolo veliero composto da scarti (come paperelle di gomma, bottiglie, resti di bambole, mattoncini di Lego, ecc.), lo riaffida al mare e, con una troupe cinematografica e un drone, segue i suoi movimenti fino a quando esso non si sospinge oltre l’orizzonte del mare.
I due video e una selezione degli oggetti ritrovati lungo le spiagge, saranno esposti a dicembre in una mostra, Archeologia da spiaggia, curata da Melania Rossi e ospitata dal MANN (Museo Archeologico Nazionale di Napoli).
Sia i reperti scelti da Finotto, sia quelli già presenti nel Museo (come il mosaico con la battaglia di Alessandro e Dario) raccontano la nostra storia. Il valore dell’operazione di riciclo offerta dall’artista non si esaurisce nella narrazione, ma raggiunge l’apice nella simbolizzazione dei rifiuti, che ci permette di riconoscerci negli eventi descritti e di comporre una sorta di “archivio della quotidianità”.

Elisa è laureata in Filosofia (Uniupo) e laureanda in Scienze Filosofiche (Unipd) e attualmente frequenta un master in Curatela d’Arte Contemporanea (Galleria A+A di Venezia). Sensibilizzata dai recenti avvenimenti globali, ha deciso di aderire all’iniziativa Atmosphera lab.