Le Trachymyrmex Septentrionalis e la coltivazione di funghi nei giardini
Tenendo in considerazione la loro utilità nel mantenere il suolo sano, un gruppo di scienziati americani ha studiato come le formiche, nel momento in cui rilevano la presenza di materiale infettivo all’interno di schiere d’erba, sono propense a sradicare le piante infestanti e a mantenere i terreni più curati.
Lo studio in questione è basato su una specie di formiche in particolare, ovvero la Trachymyrmex septentrionalis, localizzata soprattutto nelle pine-barrens americane (delle pinete che si estendono lungo la costa atlantica del Nord America), ma presente anche in giardini privati.
Queste formiche, come numerose altre specie, sono propense alla coltivazione di funghi nelle loro colonie attraverso un apporto di erba e foglie tagliate all’interno della colonia, le quali saranno poi utili per il nutrimento dei funghi stessi. Tale attività si basa su un rapporto di mutualismo tra formiche e funghi, sviluppatosi grazie alle raffinate tecniche comunicative dalle formiche.
Tra queste si cita ad esempio il rilascio di feromoni, atti di stridulazione e il contatto diretto con altri individui, utili per avvertire di pericoli o per segnalare la presenza di cibo in certe aree. Tuttavia, la comunicazione tra formiche e funghi è un’area di studi ancora in fase di esplorazione e poche sono le informazioni a riguardo.
Peptaibol: la sostanza che può far allarmare le formiche
All’interno dello stesso studio è stata testata una malattia infettiva nei funghi Trichoderma, per osservare la reazione delle formiche a tale evento. Al fine di porre maggiore attenzione alla cura dei funghi, le formiche si occupano di estirpare il maggior numero di piante infestanti che vi crescono attorno. Ma una delle scienziate che ha lavorato alla ricerca, la dottoressa Katie Kyle, ha notato come queste attività di estirpazione di malerbe possano incrementare quando il fungo viene infettato. In particolar modo è stato notato come una particolare famiglia di composti chimici, chiamati peptaibol, possa effettivamente fomentare tali attività e sono prodotti direttamente dal fungo.
Di tale incremento di attività di estirpazione ne beneficia anche la salute di tutto il suolo nei pressi del formicaio. Questo è dovuto al fatto che le piante infestanti possono risultare nocive per una molteplicità di aspetti, quali la concorrenza per la radiazione solare, l’acqua e i nutrienti con le altre piante, o una propensione alla formazione di parassiti e malattie.
Pertanto, la presenza di infezione da Trichoderma sui funghi coltivati dalle formiche creerebbe un meccanismo a catena e produrrebbe effetti benefici per la cura dei giardini. Oltretutto risulterebbe un’alternativa naturale all’uso di erbicidi per controllare lo sviluppo delle malerbe, il quale risulta essere un metodo parecchio inquinante.
Numerosi punti di domanda però rimangono riguardo lo studio sul rapporto tra formiche e funghi, e anche riguardo il loro processo di comunicazione. Oltretutto, lo studio si basa su una specie precisa di formiche presente in un territorio ristretto nel mondo, pertanto risulterebbero utili ulteriori studi su altre specie di formiche in diverse zone, al fine di osservare se gli effetti ottenuti siano pressoché simili.
Tuttavia, tale studio può considerarsi pionieristico nella ricerca riguardante i comportamenti delle formiche come meccanismo di difesa alle infezioni esterne. Con il giusto apporto antropico, attraverso infezioni indotte su funghi specifici e la presenza di un formicaio, giardini (e non solo) potranno in futuro aver bisogno di una minor quantità di erbicidi e risultare più vivi e più sani .
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Laureato in Environmental Humanities presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. È appassionato di sostenibilità, alimentazione, geografia e studi animali, principalmente in relazione alla contemporaneità. Ha trovato in Atmosphera Lab un luogo perfetto per potersi esprimere.