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Le Formiche nel giardinaggio

Come le formiche possono aiutare a mantenere i giardini più sani

18/12/2023

Le formiche e la eusocialità

Se gli 8 miliardi di esseri umani che popolano il pianeta Terra vi sembrano tanti, aspettate di sapere quante sono le formiche. Un recente studio della Hong Kong University ha stimato la presenza di almeno 20 quadrilioni di formiche presenti sul globo terrestre, equivalente a  20 milioni di miliardi. Oltre ad essere numericamente superiori agli esseri umani, le formiche sono presenti sulla Terra da molto più tempo. Infatti, la loro origine risale a circa 140 milioni di anni fa e si presume che si siano evolute da organismi simili a delle vespe. Ma ora che l’uomo ha antropizzato gran parte del pianeta, qual è il loro ruolo nell’ ecosistema terrestre?

Tramite strategie di lavoro di gruppo, le formiche possono apportare grandi benefici all’ambiente circostante a cui si trovano. Ad oggi, le formiche risultano essere il più grande gruppo di insetti con più di 13.000 specie scoperte. Il rinomato scienziato Edward Wilson definì gli  insetti eusociali  sulla suddivisione del lavoro in caste, dividendo le popolazioni in individui riproduttivi e non riproduttivi. Questi ultimi vengono incaricati di lavorare per il sostentamento della propria colonia e, talvolta, trascurano i propri vantaggi personali a favore del gruppo.

All’interno del mondo delle formiche, questa organizzazione sociale ha permesso loro di sviluppare delle doti architetturali molto avanzate, portandole a costruire vaste colonie sottoterra dove poter svolgere le loro funzioni biologiche. Tale abilità ha fatto guadagnare loro l’appellativo di “ingegneri ecosistemici”. 

Queste attività ingegneristiche sono sostenute da un complesso sistema comunicativo, non solo tra di loro, ma anche con gli altri esseri viventi presenti nello stesso ambiente, ad esempio altri insetti, funghi, microbi e piante. Grazie a questa vasta rete di comunicazione, le formiche sono in grado di portare avanti molteplici lavori, quali ad esempio il procacciamento di cibo, la difesa delle colonie e la cooperazione nella crescita delle pupe. Alcune delle attività da loro svolte risultano essere utili anche ai fini della salvaguardia dell’ambiente.

In particolar modo, le formiche possono essere una risorsa in ambito agricolo, in quanto grazie alle loro attività di escavazione creano numerosi pori nel suolo che aiutano nei processi di scambio di nutrienti, acqua e ossigeno tra il sottosuolo e la superficie. Oltre a favorire questi processi di aerazione, tramite le loro attività di procacciamento del cibo le formiche apportano materiali nutritivi organici nelle loro colonie sotto terra, aumentando la fertilità del terreno.

Questi piccoli insetti sono anche predatori di numerosi organismi, tra cui alcuni agenti patogeni delle piante. Nutrendosi delle uova e delle larve di tali parassiti, creano relazioni mutualistiche con le piante:  da una parte i vegetali provvedono a fornire materiale nutritivo alle formiche, dall’altra le formiche proteggono le piante da parassiti e patogeni. Oltre a ciò, alcune specie di formiche si nutrono anche di carcasse in decomposizione, aiutando l’ambiente a disfarsi di animali deceduti giacenti sul suolo. In questo modo viene facilitata la redistribuzione del materiale organico e dei minerali contenuti all’interno di tessuti morti nei cicli biogeochimici dell’ecosistema.

Le Trachymyrmex Septentrionalis e la coltivazione  di funghi nei giardini

Tenendo in considerazione la loro utilità nel  mantenere il suolo sano, un gruppo di scienziati americani ha studiato come le formiche, nel momento in cui rilevano la presenza di materiale infettivo all’interno di schiere d’erba, sono propense a sradicare le piante infestanti e a mantenere i terreni più curati.

Lo studio in questione è basato su una specie di formiche in particolare, ovvero la Trachymyrmex septentrionalis, localizzata soprattutto nelle pine-barrens americane (delle pinete che si estendono lungo la costa atlantica del Nord America), ma presente anche in giardini privati.

Queste formiche, come numerose altre specie, sono propense alla coltivazione di funghi nelle loro colonie attraverso un apporto di erba e foglie tagliate all’interno della colonia, le quali saranno poi utili per il nutrimento dei funghi stessi. Tale attività si basa su un rapporto di mutualismo tra formiche e funghi, sviluppatosi grazie alle raffinate tecniche comunicative dalle formiche.

Tra queste si cita ad esempio il rilascio di feromoni, atti di stridulazione e il contatto diretto con altri individui, utili per avvertire di pericoli o per segnalare la presenza di cibo in certe aree. Tuttavia, la comunicazione tra formiche e funghi è un’area di studi ancora in fase di esplorazione e poche sono le informazioni a riguardo.

Peptaibol: la sostanza che può far allarmare le formiche

All’interno dello stesso studio è stata testata una malattia infettiva nei funghi Trichoderma, per osservare la reazione delle formiche a tale evento. Al fine di porre maggiore attenzione alla cura dei funghi, le formiche si occupano di estirpare il maggior numero di piante infestanti che vi crescono attorno. Ma una delle scienziate che ha lavorato alla ricerca, la dottoressa Katie Kyle, ha notato come queste attività di estirpazione di malerbe possano incrementare quando il fungo viene infettato. In particolar modo è stato notato come una particolare famiglia di composti chimici, chiamati peptaibol, possa effettivamente fomentare tali attività e sono prodotti direttamente dal fungo.

Di tale incremento di attività di estirpazione ne beneficia anche la salute di tutto il suolo nei pressi del formicaio. Questo è dovuto al fatto che le piante infestanti possono risultare nocive per una molteplicità di aspetti, quali la concorrenza per la radiazione solare, l’acqua e i nutrienti con le altre piante, o una propensione alla formazione di parassiti e malattie. 

Pertanto, la presenza di infezione da Trichoderma sui funghi coltivati dalle formiche creerebbe un meccanismo a catena e produrrebbe effetti benefici per la cura dei giardini. Oltretutto risulterebbe un’alternativa naturale all’uso di erbicidi per controllare lo sviluppo delle malerbe, il quale risulta essere un metodo parecchio inquinante.

Numerosi punti di domanda però rimangono riguardo lo studio sul rapporto tra formiche e funghi, e anche riguardo il loro processo di comunicazione. Oltretutto, lo studio si basa su una specie precisa di formiche presente in un territorio ristretto nel mondo, pertanto risulterebbero utili ulteriori studi su altre specie di formiche in diverse zone, al fine di osservare se gli effetti ottenuti siano pressoché simili. 

Tuttavia, tale studio può considerarsi pionieristico nella ricerca riguardante i comportamenti delle formiche come meccanismo di difesa alle infezioni esterne. Con il giusto apporto antropico, attraverso infezioni indotte su funghi specifici e la presenza di un formicaio, giardini (e non solo) potranno in futuro aver bisogno di una minor quantità di erbicidi e risultare più vivi e più sani .

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Matteo Porazzi

Laureato in Environmental Humanities presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia. È appassionato di sostenibilità, alimentazione, geografia e studi animali, principalmente in relazione alla contemporaneità. Ha trovato in Atmosphera Lab un luogo perfetto per potersi esprimere.

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