L’agroforestazione a Podere 101
Il termine “agroforestazione” richiama alla mente tecniche agricole che, se qualche tempo fa rappresentavano la normalità dei nostri sistemi agricoli, sono ad oggi sempre più rare, sacrificate a vantaggio di approcci intensivi.
Alla base, l’idea di permettere la convivenza sugli stessi terreni di specie differenti, tipicamente alberi forestali e seminativi o colture agricole, garantendo sinergia e scambio di servizi ecosistemici tra le piante. In alcuni casi vengono inoltre integrate forme di allevamento animale.
Permettendo agli ecosistemi di recuperare la loro complessità biologica, compromessa dalle monocolture, si promuove il recupero di equilibri secolari nonché il loro sfruttamento a fini produttivi. I vantaggi sono molti; efficientamento nell’uso dei terreni, riduzione della fragilità delle coltivazioni, diminuzione della necessità d’intervento umano e quindi dei costi. Le colture si compongono ora di una pluralità di specie che, integrandosi, apportano utilità le une alle altre.
A raccontarcelo è Tommaso, mentre condivide gli esempi d’integrazione presenti all’interno del Podere; gli alti fusti nei campi che proteggeranno dagli sbalzi termici le coltivazioni più basse, i rovi lungo i confini del podere che, come impenetrabili bastioni di accesso ai terreni, fungono da barriera fisica e antivento per le coltivazioni, il ritorno degli insetti utili, reso possibile dalla riabilitazione degli ecosistemi e dall’aumento della biodiversità, a loro volta preziosi alleati per il rinforzo della lotta biologica.
Ampliare la prospettiva significa anche attribuire nuovo e ritrovato valore a tutte le componenti della pianta, dai frutti, al legname, alle foglie usate come foraggio per gli animali, in un’ottica sistemica che ne aumenta l’utilità. La diversificazione delle piante consente inoltre alle coltivazioni di adattarsi meglio in caso di shock negativi, garantendo una maggiore resilienza dei sistemi nel lungo periodo e conseguentemente una riduzione del rischio economico. Diverse coltivazioni presentano diversi livelli di danno a fronte di attacchi di parassiti, eventi climatici estremi, diffusione di malattie.
Il mantenimento di questo delicato equilibrio richiede sperimentazioni e studio continui per meglio comprendere la complementarità delle specie in termini di apporto nutritivo, acqua, luce, ma il rifiuto della semplificazione degli agroecosistemi ha dimostrato di sapere essere una preziosa risorsa economica e ambientale.
Di pollai mobili e benessere animale
All’interno del progetto c’è spazio anche per l’allevamento e per un nuovo concetto di sostenibilità e di benessere animale. Le galline ovaiole, allevate dal 2017, e le pecore Olly e Irma sono libere di pascolare tutto l’anno tra i campi del podere, occupandosi della pulizia e della fertilizzazione dei suoli. Questo permette di ridurre notevolmente le quantità di mangimi e l’impiego di mezzi meccanici, diminuendo costi e impatti ambientali.
Le galline, oltre a produrre uova coloratissime e tutte differenti, grazie all’appartenenza a varie specie, vedono riconosciuto in questo spazio il loro diritto alla vita e alla salute, libere di esprimere il loro comportamento naturale e di seguire i ritmi biologici durante tutto il loro ciclo di vita. L’etica e il rispetto per gli animali, parti integranti della più ampia ricerca di un modello di sostenibilità produttiva, rivestono un ruolo chiave nel progetto.
Il realizzarsi di questa sinergia tra pascoli e sistemi agricoli è reso possibile anche dall’utilizzo di pollai mobili, costruiti all’interno del Podere a partire da materiali di riuso e riciclo, come gran parte delle attrezzature impiegate nei lavori agricoli.
L’artigianalità ha un duplice ruolo; oltre a permettere l’impiego di materiali consegnati a seconda vita, grazie a una progettazione mirata sulle esigenze del progetto permette di ridurre al minimo lo spreco e l’inefficienza, rafforzando l’attenzione rivolta alla sostenibilità.
Una parte del terreno è infine lasciata a bosco, rifugio per la fauna selvatica, dalle civette nella loro veglia notturna a una mamma capriolo alla ricerca della giusta nursery, contribuendo alla ricchezza ecologica dell’intera area.
Le mille anime dei millefiori
Anche alcune famiglie di api sono ospitate all’interno del Podere durante la loro fase riproduttiva, per poi essere ricollocate in varie zone nella più ampia area dei colli bolognesi.
La scelta di compromesso tra sostenibilità e produttività è in questo caso rappresentata dal rifiuto di praticare il nomadismo delle arnie. Con questo termine si fa riferimento a quella pratica che, prevedendo spostamenti delle famiglie nel corso dell’anno, permette di “inseguire” le varie fioriture e di produrre quindi miele monofiore. Le esigenze della produzione del miele in purezza vengono tuttavia soddisfatte a discapito del benessere delle api, che a seguito dei trasferimenti necessitano tempo ed energie per ambientarsi alle nuove condizioni.
A questa scelta produttiva si accompagna anche l’impegno per una trasformazione culturale a favore del riconoscimento della dignità del miele millefiori. I nomi delle etichette dei mieli prodotti, si differenziano fra loro e fanno riferimento alle varie zone di produzione dislocate lungo il territorio bolognese. Ad ogni miele viene così riconosciuta una sua identità, in grado di raccontare attraverso i sapori che lo caratterizzano, le peculiarità del paesaggio floreale in cui è nato. Il risultato è una caratterizzazione dei mieli che, pur esulando da associazioni a colture specifiche, permette di superare la limitante e piatta definizione di millefiori.
Le nuove direzioni
Fedele alla sua natura il progetto continua ad espandersi e mutare, puntando su quelle stesse connessioni che sono alla base del modello agricolo che promuove.
Nuovi legami continuano a crearsi tra il Podere e il mondo esterno, per insegnare, ma anche per dialogare, tramite progetti di piantumazione collettiva, condivisione di video su YouTube per promuovere pratiche sostenibili e “domestiche” (qui un video per l’auto produzione di compost “Compost, come funziona e come farlo al top”) e visite guidate all’interno della realtà.
L’auspicio è che questo progetto, che abbraccia la complessità come chiave interpretativa, possa fornire un contributo significativo nel superare le sfide ancora irrisolte del settore agroalimentare. Indicando la strada per pratiche di produzione e consumo più sostenibili in grado di promuovere la cura della diversità e il riconoscimento del suo valore, favorendo così il recupero degli ecosistemi e il rifiuto della semplificazione del paesaggio.

Dopo essersi formata in relazioni internazionali prima, e in economia ambientale poi, si occupa ad oggi di sostenibilità in ambito agrifood.
Appassionata di storie di progetti comunitari e culture indigene, è da sempre interessata all’analisi delle intersezioni tra dinamiche socio-economiche e politiche ambientali, soprattutto in contesti fragili. Si avvicina ad Atmosphera Lab per raccontare storie di transizioni green ed eque.






