Bioplastica: una valida sostituta

Una innovazione tecnologica a favore dell’ambiente

Un mercato più sostenibile

Possiamo vivere senza la plastica? Questa sembra essere una delle domande fondamentali del nostro secolo. Alcuni hanno deciso di cambiare radicalmente il loro stile di vita a favore dell’ambiente: si tratta del movimento zero waste, che accoglie tutti coloro che hanno eliminato la produzione di rifiuti dalla propria quotidianità.

La maggior parte di noi, però, un po’ per abitudine, un po’ per comodità o più spesso per distrazione, non può che rispondere di no alla domanda iniziale e ammettere che tutte le settimane riempie il bidone dei rifiuti della plastica.

Trovando un equilibrio tra queste posizioni estreme, grazie all’applicazione della ricerca e della tecnologia all’industria, sono state proposte sul mercato moltissime soluzioni innovative. Ad esempio, l’utilizzo del sapone solido, invece di quello liquido, permette di ridurre l’imballaggio utilizzato; allo stesso modo, sostituire i normali assorbenti con quelli compostabili permette di gravare meno sull’ambiente.

Insomma, sono state introdotte molte variazioni dei prodotti in commercio per tentare di conciliare l’utilizzo quotidiano di alcuni articoli con una maggiore attenzione alla sostenibilità.

Simili ma non uguali

Una di queste innovazioni è sicuramente la conversione alle bioplastiche, materiali con caratteristiche fisiche simili alla plastica, ma che derivano da materie prime di origine biologica. Mantenendo le stesse proprietà elastiche e la facilità di fusione, si sono rivelate un ottimo sostituto di imballaggi, di prodotti “usa e getta” e ogni altro articolo in plastica.

Le bioplastiche sono composte solitamente da biomassa organica come il mais, i cereali e le barbabietole, unite ad una percentuale più o meno consistente di materia a base fossile. A seconda della diversa composizione e della struttura del materiale risultante, le bioplastiche possono essere biodegradabili e/o compostabili.

Con il termine “biodegradabile” ci si riferisce a una sostanza che, essendo composta da biomassa, subisce il processo di decomposizione in un tempo ristretto che va da qualche mese a qualche anno.

Ovviamente anche la plastica viene assorbita dall’ambiente, ma il tempo di degradazione varia dai cento ai mille anni, periodo durante il quale le micro-particelle plastiche si disperdono, inquinando il territorio e i mari. Invece, con il termine “compostabile” si rimanda allo stesso tipo di processo, con la particolarità che il materiale non rilascia sostanze tossiche durante la decomposizione.

La situazione è cambiata?

Tornando ai giorni nostri, nel 2021, quindi 12 anni dopo, passati molti eventi tragici, e anche con l’aiuto di molti attivisti, la situazione è cambiata:

“Un nuovo sondaggio dell’Eurobarometro pubblicato oggi mostra che i cittadini europei credono che il cambiamento climatico sia il singolo problema più grave che il mondo deve affrontare. Più di nove persone su dieci intervistate considerano il cambiamento climatico un problema serio (93%), e quasi otto su dieci (78%) lo considerano molto serio. Quando è stato chiesto di scegliere il singolo problema più grave che il mondo deve affrontare, più di un quarto (29%) ha scelto o il cambiamento climatico (18%), il deterioramento della natura (7%) o i problemi di salute dovuti all’inquinamento (4%)”.

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