La rivoluzione nel piatto

Sfide e novità dell’industria alimentare

Un costo insostenibile

Se le stime dell’ONU si riveleranno corrette, entro il 2050 la popolazione mondiale si aggirerà attorno ai 9 miliardi di persone. Un aumento indicibile, senza precedenti nella storia del pianeta; tante saranno le sfide che ci troveremo ad affrontare, tra queste quella di un’alimentazione sostenibile su larga scala.

È ormai assodato che l’attuale, già in crisi, sistema alimentare dei paesi sviluppati, basato su allevamento animale e agricoltura intensive, non potrà reggere un ulteriore aumento della domanda. L’alimentazione ha un costo in termini di ambiente e risorse, e uno sguardo volto a un futuro imminente, non può non indirizzarci verso un cambiamento non solo auspicabile, ma ormai necessario.

Ma di quali costi parliamo per l’esattezza? Quelli che coinvolgono tutti i processi di produzione di un prodotto, dall’origine fino al suo eventuale smaltimento. Per semplificare l’analisi ci si avvale comunemente di una serie di indicatori relativi alle principali categorie di impatto ambientale.

Ad esempio, si parla di Carbon Footprint o impronta del carbonio per indicare le emissioni di anidride carbonica e altri gas a effetto serra; impronta idrica, per misurare i consumi e le modalità di utilizzo di risorse idriche; impronta ecologica per riferirsi alla superficie di terra o mare necessaria a rigenerare le risorse consumate.

È ormai noto come la triste realtà degli allevamenti intensivi –oltre a non garantire i più basilari diritti animali- incida in modo considerevole sulla produzione di gas serra e sull’uso di acqua, senza considerare le risorse impiegate per la produzione dei mangimi stessi del bestiame; i metodi di agricoltura intensivi a loro volta impattano sulle risorse disponibili, aumentano la deforestazione e la conseguente perdita di biodiversità. A ciò va aggiunto l’impatto ambientale per il confezionamento, il trasporto dei prodotti e lo smaltimento dei rifiuti e degli scarti.

La dieta sostenibile

L’ottimizzazione dell’intero sistema agroalimentare sarà una tappa obbligata per poter soddisfare la crescente domanda di cibo; ma i cambiamenti non riguarderanno solo una miglior gestione delle risorse disponibili e la riduzione degli sprechi: molto è fatto dalla dieta stessa che le persone adotteranno.

Scelte alimentari intelligenti permetteranno di conciliare un bisogno primario quale è quello di un’alimentazione equilibrata e la sostenibilità ambientale. Su questo versante si stanno conducendo varie ricerche scientifiche i cui risultati sono nel complesso allineati circa i vantaggi di preferire alcuni cibi rispetto ad altri; in particolare, gli alimenti buoni per la nostra salute sono anche quelli con minore impatto ambientale.

Non è dunque solo una “moda” quella del vegetarianismo e veganismo che si va sempre più diffondendo; scelte che spesso vengono definite “drastiche”, e che non celano insidie se non adeguatamente bilanciate e supportate, ma che si stanno rivelando certamente praticabili.

Le persone, informate circa i benefici ambientali e spinte dalla consapevolezza di poter nel loro piccolo contribuire, scelgono quindi di eliminare la carne e derivati animali, favorendo una dieta basata sul consumo di cereali, legumi, verdura e frutta, oli vegetali, semi. Per chi non sposa questa scelta ma predilige i cibi menzionati limitando il più possibile il consumo di carne, può comunque contribuire a quell’effetto positivo sul pianeta, anche nei termini di una dieta che viene definita “flexitariana”.

Nuove frontiere alimentari

Immaginiamoci ora alla mensa, in pausa pranzo dal nostro ufficio, tra qualche decennio; il menù del giorno, accanto a opzioni più o meno “canoniche”, riporta tortillas di camole, spiedini di cavallette, pane con farina di grilli. Se per molti paesi del mondo cibi a base di insetti sono già da tempo la norma, presto potrebbero diventare una scelta non così fuori dal comune nemmeno per noi.

Gli insetti si stanno infatti rivelando essere una delle possibili risposte alle crescenti esigenze alimentari dell’umanità: sia per l’impatto ambientale che per il profilo nutrizionale che sembra sostituire alla perfezione, o addirittura in modo migliore in termini di proteine, la corrispettiva carne.

Di certo i pregiudizi culturali saranno tra le barriere più difficili da abbattere, a fronte però di grandi benefici: l’uso irrisorio di suolo e risorse idriche, l’abbattimento delle emissioni di gas serra e il quasi inesistente problema degli scarti (nulla a che vedere con le deiezioni animali e altri scarti nel processo di macellazione).

Ad occuparsi di questo nuovo settore, ci stanno pensando anche le multinazionali: citiamo l’esempio di Ikea che, all’interno del suo progetto “Ikea Bootcamp”, volto a riunire start-up in grado di contribuire al progresso in direzione sostenibile, ha aperto una collaborazione con Flying spArk, società israeliana produttrice di proteine alternative estratte ​dalle larve di mosche da frutta e destinate al consumo umano.

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